Publicado em 23 outubro 2021 por Maria Rosa DOMINICI
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psicologa,psicoterapeuta vittimologa,membro dell'Accademia Teatina delle Scienze,della New York Academy ofSciences,dell'International Ass. of Juvenile and Family Court Magistrates,della Società Italiana di Vittimologia,della W.S.V.,dell'Ass.internazionale di Studi Medico Psico Religiosi.,docente di seminari di sessuologia, criminologia e vittimologia in università Italiane e straniere,esperta per progetti Daphne su tratta di minori e sfruttamento sessuale,creatrice del progetto Psicantropos,autrice di varie pubblicazioni,si occupa di minori e reati ad essi connessi da 40 anni.
Il per-dono considero più un regalo a chi perdona che a chi viene perdonato. Perdonando qualcosa a qualcuno mi libero di una cosa brutta che mi è stata fatta nel passato. Perdonando mi faccio il regalo della libertà di quello che mi è stato fatto.
Purtroppo chi chiede per-dono a chi ha fatto una cosa brutta mi sembra spesso che lo chieda come autorizzazione di continuare e ripettere le stesse cose brutte.
Perdono sempre per liberarmi, ma non mi sento costretta di continuare a subire. Chi si rende conto e smette di farmi del male può restare, chi continua o di chi temo che possa continuare escludo dalla mia vita per proteggere me stessa.
Non vuol dire che non perdono e non vuol dire nemmeno che io non abbia compassione con chi mi ha fatto male perché le ferite e debolezze di questa persona che l’hanno portato di comportarsi così con me le vedo. Queste vecchie ferite però per cui non sono risponsabile e che non posso curare non sono disposta di soffrire. Mi alzo e mi allontano quando ho la possibilità di farlo. Le mie forze mi servono per altro – non solo per me (nonostante che sia giusto di utilizzare il mio tempo di vita e la mia energia anche per me), ma per chi mi sento responsabile, chi amo e chi dipende da me.