categoria | Culturale, Sociali

Analisi sulla violenza

Inserito il 06 gennaio 2012 da Gianpiero STRINGARI

Perché la violenza?

Perché le persone non sono tutte impegnate in relazioni costruttive, in modo da trarne reciproco vantaggio? Perché certe persone, intese come risultato della propria costituzione biologica e della loro storia personale, culturale e sociale, non ce la fanno. Il livello costruttivo è superiore a quello distruttivo, per arrivarci ci vuole maturità, intelligenza, sviluppo affettivo che non tutti hanno: ma una persona ha comunque bisogno di “chiudere il cerchio”, cioè di vivere in un modo che la rappresenti, non le faccia fare troppa fatica, con dei tentativi che riescano per la maggior parte, non con continui sforzi di viaggiare a un livello superiore che non trovino successo.
Accade quindi che molte delle persone che non ce la fanno debbano, o vogliano, vivere con quello che hanno a disposizione, e qui si instaura una scorciatoia autoalimentante, un circolo vizioso: anziché avere un comportamento costruttivo che dia vantaggi e soddisfazioni a sé e agli altri, queste persone iniziano pratiche distruttive, di aggressione, di creazione di vittime, ricavandone piacere e soddisfazione, utilizzando i (poveri) elementi che hanno a disposizione, in un quadro non di verità ma di relativa coerenza, dove deliri quali quello di avere il diritto di comportarsi così o che esistano categorie di vittime predesignate trovano una relativa giustificazione e coerenza: tutto questo “sta insieme”, ovviamente in qualche modo, con tensione e continuo pericolo di insostenibilità, ma queste persone non vi rinunciano per questo, anzi cercano di riaffermare il loro schema insistendo con i loro comportamenti e con le ideologie sottostanti, per cercare di convincersi sempre più di praticare una struttura giusta,coerente e rassicurante: in altre parole non possiamo aspettarci che delle persone dallo sviluppo solo parziale rimangano nel continuo tentativo di accedere a un livello superiore, molti devono vivere con quello che hanno a disposizione.
Purtroppo la strada distruttiva che genera vittime contiene elementi affascinanti per chi la pratica, come il convincersi di essere superiore agli altri, predestinato ecc.. elementi che in queste menti parziali generano euforia e soddisfazione, rinforzando lidea che la loro strada scellerata sia invece quella giusta: un elemento a mio avviso molto importante, in questa e altre discipline, è infatti che tutti hanno un comportamento che ritengono giusto: nessun predatore o abusante ammette il gravissimo torto del suo comportamento, viceversa ritiene di essere nel giusto, con le motivazioni più assurde ma secondo lui valide. Non si può quindi pensare che queste persone rinuncino ai loro comportamenti distruttivi solo perché non sono giusti, in quanto per loro lo sono: bisogna prima insegnare loro un livello di relazione superiore, costruttivo: recentemente in Italia c’è stata un’iniziativa interessante da parte della Lega Anticaccia, che ha proposto a dei cacciatori di convertire il loro corredo di armi in un corredo fotografico, per continuare ad andare a caccia ma allo scopo di riportare fotografie anziché vittime animali: il tutto è stato rinforzato da un buon supporto psicologico di gratificazione, indicando ad esempio che un capriolo in un cespuglio è più facile da abbattere piuttosto che farci una bella foto, perché le foglie non fermano i pallini ma disturbano una foto: questa campagna ha convertito con successo alcuni cacciatori da un comportamento distruttivo ad uno almeno neutrale.
Quando una persona con un livello di sviluppo affettivo normale, quindi di rispetto e costruttività, osserva il comportamento di una persona distruttiva, la reazione è spesso di indignazione e di colpevolizzazione: questa reazione è comprensibile, ma nasce dall’errore che la persona distruttiva abbia possibilità di scelta e scelga il comportamento distruttivo, scelta che invece questa persona non ha essendo capace solo del comportamento più povero: quindi questi cattivi comportamenti sono frutto di un limite, non di una colpa: il concetto di colpa è molto pericoloso, spesso riconoscere una colpa nell’altrui comportamento è un modo per rendere più resistente tale comportamento, non per ridurlo: se io mpenso che una persona sia cattiva mi aspetto che continui ad esserlo, generando un’aspettativa negativa che questa persona riconosce e tende ad eseguire tanto più il suo sviluppo affettivo è limitato. Occorre quindi ripulire l’obiettivo, che deve essere solo quello di impedire comportamenti vittimizzanti, non anche decretare la colpa di chi li commette.

Giampiero Stringari

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