AUTOSTIMA
Inserito il 17 novembre 2013 da Silvia CROCI
Riporto il mio intervento effettuato il 7 novembre scorso presso il Centro Benessere Nouvelle di Forlì, avendomi invitato a parlare di AUTOSTIMA.
Cos’è l’AUTOSTIMA?
Partiamo dall’etimologia, il verbo stimare derivante dal latino “aestimare” che significa “valutare” nella duplice accezione:
- determinare il valore di …
- avere un opinione su …
Quindi il concetto di autostima comprende come ciascuno vede se stesso, come si giudica e che tipo di valore si attribuisce. L’individuo comincia a formare i concetti di sé – ossia il proprio modo di considerarsi e definirsi, in senso più o meno positivo – ad un’età molto precoce.
Secondo E.H. Erikson, ai fini della comprensione dell’origine della stima di sé, risulta particolarmente importante focalizzare l’attenzione su quanto avviene nella fase che comincia alla nascita e si conclude all’incirca durante il primo anno di vita. Compito fondamentale di tale fase è quello di acquisire un buon equilibrio tra fiducia di base e sfiducia di base, in se stessi e negli altri. Fiducia e sfiducia, secondo Erikson, originano dalla qualità della relazione che il bambino sperimenta con la propria madre e devono essere modulate dalla speranza che i propri bisogni e le proprie richieste non verranno disattesi, almeno non più di tanto, non fino al punto, cioè, di perdere la speranza. Grazie ad un’equilibrata integrazione di fiducia, sfiducia e speranza, il bambino può imparare a tollerare la frustrazione e le delusioni, a ridefinire continuamente i propri progetti e le proprie aspirazioni, a proiettarsi nel futuro e a mantenere nel tempo un’equilibrata stima di sé.
Alcuni autori come Sullivan (1892-1949), Freud (1856-1938) e Horney (1885-1952), ritengono che le immagini di sé che i bambini sviluppano durante la prima infanzia – in base alla percezione di una positiva o negativa relazione con le principali figure di accudimento e in base all’essersi sentiti o meno bambini degni d’amore e d’importanza – avranno un’influenza per tutta la vita. Essi sostengono che durante i primi sei anni di vita si formano le inclinazioni fondamentali all’amore o all’odio verso se stessi. Tali tendenze influenzeranno poi lo stile di vita dell’individuo, il suo modo di considerarsi e anche la sua autostima.
Secondo Bowlby “… il modo in cui siamo stati o non siamo stati accolti, riconosciuti, nutriti genera la nostra organizzazione del mondo e il nostro modo di stare nel mondo …” Gli attaccamenti affettivi sono il risultato di come siamo stati allevati nella nostra famiglia, dall’imprinting della nascita .
Vediamo allora quali sono i bisogni dell’essere umano.
SCALA EVOLUTIVA DEI BISOGNI UMANI
PRIMA INFANZIA 0 – 5/6 anni
Comparsa dei bisogni
SECONDA INFANZIA 5/6 – 11/12 anni
Consolidamento dei bisogni
Fase di latenza, che segue alla fase edipica e termina con la pubertà. Gli interessi sessuali del bambino sono orientati in forma sublimata verso contesti extrafamiliari. Priorità evolutiva è l’ingresso nel mondo sociale, scolastico e amicale.
ADOLESCENZA 11/12 – 18/20 anni
Ripresentazione dei bisogni
BISOGNI DI AUTOCONSERVAZIONE – PRIMA INFANZIA
Se soddisfatti è possibile rispondere alla domanda “Dove sono ?”
Bisogno di sicurezza fisica 0 – 3 mesi
Fase: biologica, orale, artistica. La perdita della madre non è un trauma. Bisogno di mantenimento, protezione e cura del corpo, pena danni al corpo ed al cervello. Se leso, porta all’ angoscia di frammentazione che genera terrore e psicosi. Meccanismo di difesa che il bambino mette in atto: scissione dalla realtà.
Bisogno di sicurezza psichica 3 – 6 mesi
Fase: pre-attaccamento; la madre inizia ad essere introiettata. Bisogno di mantenere il territorio psichico sgombero da “invasori” esterni e “intasamenti” di contenuti psichici interni. Quindi mantenere un ambiente di vita protettivo ed accogliente e accogliere e contenere emozioni primitive grezze quali: rabbia, aggressività, violenza, gelosia, invidia, vergogna, terrore .. Una madre piena di rabbia, angoscia o depressione depositerà inconsapevolmente questi contenuti nella psiche del bambino, che dovrà lavorare per espellerli. Si difenderà aumentando il controllo verso l’esterno, anche da adulto, attivando comportamenti di attacco (se persecutore non troppo forte) o di fuga in caso contrario. Se leso, porta all’angoscia di persecuzione che genera terrore e psicosi. Meccanismo di difesa che mette in atto il bambino: proiezione (omicidi) o rivolgimento contro di sé (suicidi).
BISOGNI DI IDENTITA’ – PRIMA INFANZIA
Identità = personalità + immagine + giudice interno. Se soddisfatti è possibile rispondere alla domanda “Chi sono ?” – Possibilità di superare la fase edipica e identificarsi con il genitore dello stesso sesso e rinunciare temporaneamente al genitore di sesso opposto che verrà riscoperto nell’oggetto sessuale della vita adulta. Chi non supera la fase edipica, rimane dipendente dal padre e dalla madre e da adulta sceglie partner sessuali con ovvie somiglianze ai propri genitori. Chi risolve i problemi di dipendenza avrà acquisito un identità di sé stabile e realistica: identità di genere.
Bisogno di fusione 6 mesi – 1 anno
Fase: attaccamento/simbiosi; introiezione totale dell’oggetto. Fase della gelosia primitiva del bambino e dell’invidia. Esigenza di “alimenti” affettivi attraverso la simbiosi, profonda e condivisa intimità fisica, psicologica e sociale con il bambino. La madre viene vissuta come onnipotente e il bambino in una situazione di dipendenza così assoluta sino a raggiungere una fusione tale da sentirsi anche lui onnipotente. Se separato dalla madre in modo violento e duraturo può sperimentare sofferenze psicologiche talmente gravi nello sviluppo fino a lasciarsi morire. Tragedie analoghe negli adulti che rimasti “fissati” alla fase dell’attaccamento, quando perdono un amore distruggono tutto ciò che hanno creato nella oro vita sino ad annientare anche loro stessi. Se leso, porta all’ angoscia di annullamento che genera disturbo di personalità narcisistico e border line. Pur di non perdere una persona, una professione, una sostanza .. percepiti come fonte indispensabile di protezione e affetto, l’individuo simbiotico può rinunciare (annullamento) ad alcune autonomie. E cercano disperatamente di trovare, affetto, autonomie, identità “entrando nell’altro”. Da adulti quindi la continua ricerca del buon genitore, con cui ricreare la simbiosi infantile, porterà a relazioni distruttive, infantili, castranti cioè annullanti. E’ una disperata ricerca di alimento affettivo per riempire il terribile vuoto interiore, e le persone si percepiranno vuote, trasparenti, estranee a se stessi e all’altro e impotenti. Per recuperare un minimo di vitalità interiore e uno straccio di identità ricorreranno a droghe, ad infliggersi dolore, sette mistiche, gruppi socialmente devianti. Nelle situazioni meno gravi, invece, sfuggiranno a qualsiasi legame affettivo per paura di esserne risucchiati. In genere sono costrette a vivere consciamente o meno con un continuo sentimento di disperazione da cui tentano di difendersi costruendo altre relazioni simbiotiche.
Bisogno di autonomia/dipendenza 1 anno½ – 2 anni½
Fase: separazione/individuazione; in cui il bambino cammina e parla. Può rappresentarsi la mamma e allontanarsi da essa senza timore di abbandonarla o essere abbandonato. Il bambino esce dall’universo materno per entrare in quello paterno. Una madre troppo ansiosa se il bambino si allontana, farà vivere a sua volta al bambino gli allontanamenti con un sentimento di ansia e da adulto avrà come principale esigenza il ripristino di rapporti simili con altre figure, che fungeranno da sostituti materni e saranno i depositari delle sue poche autonomie. Una madre rifiutante, costringerà il bambino ad acquisire autonomie troppo velocemente e per non scompensarsi e soffrire dovrà evitare tutte le situazioni di possibile dipendenza. Da adulto percepirà questi rapporti come pericolosi, perché avrà paura dell’abbandono e non sperimenterà quindi relazioni stabili e durature. Costruzione di un sentimento stabile di fiducia in sé, identità di genere.
– Dipendenza: la libertà di poter dipendere da un altro essere umano senza però perdere le proprie autonomie o rinunciare alla propria identità. Chiara demarcazione fra se e l’altro. Nella simbiosi ci si perde nell’altro, nella dipendenza ci si attacca solamente all’altro. Se il bisogno di dipendenza verrà soddisfatto in età adulta l’individuo potrà fondersi senza perdersi e dipendere e senza avere paura di rimanere attaccato.
– Autonomia: imparare a dialogare di sé con sé, ascoltarsi, valorizzarsi, fiducia di sé, autoerotismo, il piacere di stare solo con se stesso.
Se leso, porta all’ angoscia di abbandono che genera disturbi narcisistici e vergogna. Si avranno adulti incapaci di recidere il cordone ombelicale, che si sentiranno soli in mezzo alla gente. Le radici di questa solitudine affettiva si manifesta in bambini cresciuti da genitori chiusi, inavvicinabili, anaffettivi oppure esageratamente critici, autoritari, valorizzanti, ansiosi o depressi. Che crescono i bambini nell’incuranza e insicurezza affettiva oppure all’opposto genitori rimasti bambini che chiedono ai loro figli di assumersi il ruolo di genitori. Individui che nelle relazioni sono immaturi o regrediti oppure esageratamente forti ed autonomi. Meccanismi di difesa che mette in atto il bambino: svalorizzazione (sindrome di Calimero) ed idealizzazione di sé (sindrome di Narciso) con onnipotenza. Spesso presenti patologie da dipendenza, come: alcolismo, tossicodipendenza, bulimia, gioco d’azzardo, shopping compulsivo, o dipendenze più accettate come quelle da lavoro, da altre persone (familiari, partner ..). Oppure individui che fuggiranno ogni volta che si presenteranno richieste di dipendenza naturali ed affettive, come relazioni di coppia, amicizia e di cura.
BISOGNI DI AUTOREALIZZAZIONE – PRIMA INFANZIA
Se soddisfatti è possibile rispondere alla domanda “Cosa voglio ?” E‘ possibile poter ricoprire i diversi ruoli familiari e sociali: identità di ruolo. Individui con un esistenza guidata dai desideri e non dalle paure.
Bisogno di accettazione e riconoscimento 2 anni½ – 3 anni½
Fase: integrazione – edipica; inizio identità e percezione del proprio ruolo. Bisogno di poter acquisire e interiorizzare i diversi ruoli personali, familiari e sciale senza dover rinunciare alla propria identità. Bisogno di non modificare la rappresentazione di sé al modificarsi delle condizioni esterne. Necessario che i genitori permettano nuove modalità di relazione e concedano al bambino di creare ulteriori rapporti affettivi con altre persone; acquisizione delle prime autonomie di ruolo, senza che i bambini vengano criticati o che i genitori sviluppino della competitività se sentono le autonomie del figlio come una minaccia per la loro scarsa autostima. Se leso, porta all’ angoscia di rifiuto-esclusione che genera nevrosi e vergogna. La sgradevole sensazione di non poter essere accettati, riconosciuti e quindi amati per come si è o per il ruolo che si occupa. Per ricevere accettazione ed affetto costruiranno uno stile di vita ed un immagine corrispondenti alle aspettative familiari, amicali, professionali e sociali. Sviluppo di nevrosi di tipo isterico, fobico e ossessivo oppure di alti livelli di ansia, forti inibizioni o movimenti depressivi .
Bisogno di autoaffermazione 3 anni½ – 5/6 anni
Fase: identificazione; ci si differenzia con caratteristiche proprie. Bisogno di tipo cognitivo, di conoscenza ed espansione per comprendere le cose che ci circondano; le naturali risposte a questo bisogno vengono distorte da insegnamenti troppo rigidi, acritici ed autoritari come i pregiudizi e gli stereotipi. Bisogno di tipo emotivo di contattare e vivere le emozioni; tutte le emozioni fanno capo a due ceppi denominati libido ed aggressività. Dalla libido si sviluppano contenuti affettivi come la gioia, la felicità, la tenerezza, la tristezza .. Dall’aggressività prendono forma emozioni come la rabbia, la collera, il rancore .. Errati messaggi educativi familiari e sociali, possono far si che percepire e mostrare le proprie emozioni sia indice di debolezza o immaturità. Inoltre è il bisogno di poter provare stati emotivi ambivalenti, nei confronti della stesa persona e non per esempio la mamma deve essere solo amata o odiata. Accettare l’ambivalenza è il pre-requisito per costruire un identità stabile e matura e ciò permette inoltre di poter entrare in contatto con le emozioni e decidere come viverle senza sentirsi in colpa. Il bambino così potrà sperimentare la propria identità di genere, di ruolo per costruire l’identità di sé, e avvicinarsi al tramonto dell’Edipo. Se leso, porta all’ angoscia da perdita dell’amore che genera nevrosi e senso di colpa. Questa angoscia sarà la spiacevole sensazione di non meritare affetto o di non poter essere amati da se stessi o dagli altri, per ciò che si pensa, si sente e si desidera. Questi individui saranno costantemente schiacciati da un doloroso e fastidiosissimo senso di colpa che tenderanno ad evitare compiendo atti riparatori, punendosi, o ribaltando sugli altri questo sgradevole contenuto (facendoli cioè sentire a loro volta in colpa). Se i bisogni della prima infanzia non vengono soddisfatti, il più delle volte si presentano:
- angosce abbandoniche
- angosce di relazione, investimento affettivo verso nessuno oppure verso un solo bambino in particolare.
Da una parte quindi la qualità delle relazioni primarie ha un peso fondamentale per la costruzione della propria autostima, dall’altra difficilmente l’immagine che ciascuno ha di sé stesso rimane fissa ed immutabile. Fortunatamente (o sfortunatamente nel minore dei casi) quest’ultima è soggetta a modificazioni sia per le esperienze che di volta in volta si fanno, sia per la qualità delle relazioni che intrecciamo con le persone significative incontrate nell’arco dell’intera nostra esistenza. L’autostima si costruisce sin da bambini con ciò che i genitori, i nonni, i maestri e compagni .. dicono di noi e va a modificarsi in positivo o in negativo grazie ai piccoli primi risultati che otteniamo. Ogni persona la costruisce negli anni, grazie alle interpretazioni che da di ciò che accade attorno a sé. La nostra autostima “filtra” gli eventi esterni e attribuisce un significato agli stimoli (successi, fallimenti, dialoghi, sguardi, ecc..), va a costruire, consolidare l’opinione che abbiamo di noi stessi, il nostro potenziale, i nostri standard, quelli che pensiamo siano i nostri limiti. L’immagine che ognuno ha di sé è composta come un mosaico che lentamente prende forma in base alle risposte che riceviamo dagli altri e a come noi le percepiamo e interpretiamo. L’autostima può essere bassa, alta, positiva o negativa; è qualcosa di attivo, un processo e non qualcosa di che noi abbiamo nella testa di immutabile. Quindi l’autostima è l’idea, la considerazione e l’immagine che ognuno ha di se stesso; in termini molto pratici, è il voto che ci si dà. Quanto valgo. Ne deriva che la stima di sé è un esperienza molto soggettiva, legata più a ciò che uno pensa di se stesso che non a quello che gli altri credono di lui.
Forma mentis della
FIDUCIA DI BASE “Sento che posso farcela”
AUTOSTIMA “Sento che io merito”
Il concetto di autostima si può riassumere in tre aspetti concatenanti:
L’AMORE PER SE STESSI: è ciò che ci consente di apprezzarci ed accettarci nonostante i nostri difetti ed indipendentemente dalle nostre prestazioni .. pur continuando a sforzarci nel modificare ciò che di noi può essere reso migliore. E’ necessario riuscire ad accettarsi, evitando di pretendere da se stessi la perfezione. SE IO VALGO, MI AMO E MI VOGLIO BENE = IO MERITO di ascoltare i miei bisogni e i miei desideri e di prendermi cura di me stesso. SE VALGO E MI VOGLIO BENE, NON MI PUNISCO E NON PRATICO COMPORTAMENTI AUTOLESIVI O MASOCHISTICI. NON SONO VITTIMA DI ME STESSO O DEGLI ALTRI. SE MI AMO, SO AMARE ANCHE GLI ALTRI E SONO CAPACE DI STARE NELLA RELAZIONE, cioè di prendermi cura anche dell’altro da me. La difficoltà ad aprirsi all’amore verso se stessi e verso l’altro, molto spesso è il risultato di ostacoli affettivi vissuti nell’infanzia.
L’AUTOIMMAGINE: una visione positiva di noi stessi, ci consente di sentirci all’altezza nell’affrontare ciò che la vita ci riserva.
LA FIDUCIA IN SE STESSI: essere fiduciosi significa pensare che si è capaci di agire in maniera adeguata nelle situazioni importanti, essere consapevoli di avere in sé tutte le risorse necessarie per affrontare le sfide che ci poniamo. Essere sicuri che daremo tutto il possibile per quell’obbiettivo che ci sta tanto a cuore.
L’autostima viene meno negli stati di depressione in cui l’individuo disprezza e svaluta se stesso (la colpa), mentre aumenta negli stati maniacali, in cui si sperimenta l’onnipotenza. Nel narcisismo l’immagine di sé è talmente bassa che è necessario avere relazioni che siano improntate a specchio per un ritorno dell’immagine di sé grandiosa che dovrà coprire quella deficitaria. Il narcisista non accetta, non sopporta critiche perché le vede come un attacco all’immagine fasulla e grandiosa di sé. Ha continuamente bisogno di testimonianze a favore di ciò.La stima che abbiamo di noi stessi influisce sul nostro comportamento, sulle relazioni sociali e lavorative, sulla vita affettiva e familiare.
Come migliorare l’autostima, quindi ??
A) Una buona immagine di sé, favorisce dei rimandi positivi;
B) Lavorare sui sensi di colpa fino a quello più ancestrale del non essere stati amati e quindi non avere avuto la fiducia di base;
C) Riequilibrare il principio del dovere e principio del piacere;
D) Favorire lo sviluppo di un buon principio di realtà rispetto ai nostri punti di debolezza e ai nostri punti di forza.
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