Il Confiteor di Paolo Billi e gli attori della Dozza
Inserito il 21 giugno 2015 da Maria Rosa DOMINICI
Nella Casa Circondariale della Dozza a Bologna,19 giugno 2015 il regista Paolo Billi e 6 detenuti ,hanno dimostrato come l’arte sia da sempre una grande risorsa etica ed estetica,terapeutica ed educativa per qualsiasi essere umano,che seppure prigioniero può viversi la libertà intellettuale attraverso il recitare.
Le dinamiche che suscita il partecipare e l’assistere ,crea alla fine spazi in cui si riflette,pubblico ed attori su chi è l’attore e chi è la persona, chi è il volto e chi è la maschera,chi è la finzione e chi è la realtà…
Basta un semplice pezzo di tela a dividere pubblico e palco ,quando poi questo scompare ci fa entrare in una dimensione emozionale, gli atti,reati,delitti compiuti..per il tempo della recita, svaniscono per regalarci un momento comune e condiviso fra noi e loro,cosi come basta un istante ,un gesto per modificare ciò che ci circonda,l’ambivalenza e il giano bifronte della vittima e del vittimizzatore è sempre presente nelle possibilità dell’accadere Umano.
Ottima l’introduzione che Billi fa spiegando l’origine dell’ispirazione al Tasso e la evoluzione conclusiva di questo meritorio progetto,nel Confiteor.Non conoscevo ciò che ascoltando Billi ho appreso,ossia
“Torquato Tasso ,dopo aver scritto la Gerusalemme liberata,piu’ volte volle sottoporsi al tribunale della Santa Inquisizione,perchè fosse valutato e verificato il contenuto della sua opera, gli fu detto-nulla osta-..ma insistette e a Ferrara fu rinchiuso per 7 anni in ospedale psichiatrico,questo l’incipit per questo lavoro di lettura e scrittura con i detenuti.Confiteor è il frutto di un progetto fra le Case Circondariali della regione Emilia Romagna”.
In tale progetto vi è anche l’Università di Bologna,infatti erano presenti studenti del Corso di Educatore Sociale e Culturale con la prof.ssa Graziella Giovannini,la prof.ssa Giuseppina Speltini anche lei presente in un precedente progetto ,il che è meritorio in un momento sociale in cui razismo,emarginazione sociale,preconcetto sembrano diventare sempre piu’ distruttivi e quotidiani.
La cultura ,ha il compito e il dovere di sostenere il concetto della Giustizia Riparativa,per cui espiata la colpa ,introiettata la consapevolezza,capito il disvalore del reato commesso ,si merita il reinserimento sociale .
Proseguendo nell’introduzione,Billi ci spiega come nasce la scenografia,ispirata dal luogo in cui si ritrovava con i detenuti,ossia nel cosidetto anfiteatro della zona pedagogica della Dozza,che a loro rammentava una sauna,cosi fu scelta la struttura della logistica,direi visivamente ottimale dato il duplice simbolismo psicosomatico,espellere tramite il sudore gli umori interni,purificare e riflettere ,tramite il mettersi a nudo,scenografia migliore non poteva essere scelta,intensa e scarna al tempo stesso,ma cosi emblematica da creare una facile identificazione proiezione in chi assisteva,per lo meno in me..
I bianchi panni,asciugamani- sudari,di corpi morti e resuscitati ,quasi gesti da Cristo colpevole ,poi abbracciato in una pietà virile.
Sei gli uomini in scena,parlano,cantano,si dicono,fanno danzare i loro asciugamani candidi ,con gesti di rotazione e squotimento,quasi a scacciare i fantasmi del passato, …diversi,nella dinamica dal gesto ossessivo compiuto dalle dita di uno di loro,nell’iniziale immobilismo,diverse dal dondolio autistico dell’uomo,attore,detenuto ancora avvolto negli abiti-prigione,quasi un riassunto di quella frase “senza amici…senza parlare “.Gradatamente nel procedere della scena si tolgono pezze ,bende coperture.
Lui sfascia il piede sinistro(l’inconscio ?)poi il destro(la ragione?) mormora…la morte sarebbe un dolore meno acuto…
Si toglie il lenzuolo,la ressurezione?…importante il gesto,il corpo,la memoria…alcuni assumono la posizione del pensatore…ci vuole il silenzio per riflettere,anche noi pubblico,con loro,attenti,presi,rapiti assorti,quasi una magia che ci unisce in unica identità…questo io sento…è li vedo avvolti ,in piedi quasi i tribuni che uccisero Giulio Cesare…stesso impatto,stesso ruolo…giudicanti e giudicati,in questo dirsi e darsi..e noi,nel prendere.
Sento la vera libertà attuale ,raggiunta attraverso la disciplina teatrale,la rivisitazione del dubbio,della colpa ,risate e lacrime…la ricerca della punizione…come sono stanco!…cosa avete da guardare.? dice l’attore,
Intanto .. il gesto sostituisce la parola,asciugamani sbattuti come lenzuala che al mattino,scosse fuori dalla finestra allontanano i fantasmi notturni ,purificandosi all’aria,il lavacro del peccato-reato.
Strano ma in mezzo a ciò cogli la bellezza,il corpo scritto con tatuaggi,,se lasci prevalere il lato oscuro non cogli l’estetica di un uomo in ginocchio,quasi un Cristo colpevole a cui è giusto far subentrare la pietas.
In noi 5 minuti di applauso,emozione e commozione,non hanno bisogno di parole,ma di ascolto,intimo ed individuale,almeno per me…ricordando i 9 mesi trascorsi nel carcere di Bolzano per valutare la pericolosità sociale di un omicida in cui si affrontarono le nostre 2 paure ,la mia e la sua…per poi capire in reciprocità che eravamo comunque 2 esseri umani che dovevano trovare un giusto modo per comunicare,spiegare,far capire….
Non avevo dubbi sugli esiti che Billi avrebbe raggiunto ,lo seguo da anni,ho perso solo un suo spettacolo con i ragazzi del Pratello,e ogni volta che uscivo..mi era difficile pormi nel ruolo giudicante,perchè nei momenti della recita avevo colto quanta potenzialità positiva ci fosse in loro,in quei ragazzi che il giorno dopo avrei rivisto in aula,e allo steso tempo ciò mi confermava nel giusto rigore a loro dovuto.
L’adeguatezza dello strumento teatrale e l’inadeguatezza della logistica carceraria..,colori tetri e depressivi,come puoi uscire dal buio dell’anima se non c’è un colore vitale che ti stimola,ti fa reagire e comprendere ciò che hai perso avendo fatto perdere ad altri?…ricordo i colori del carcere di Nisida…li tutto ispirava possibilità,spinta vitale,desiderio di recuperarsi in un sociale positivo.
Penso all’istintuale desiderio dell’emancipazione dalla colpa del Tasso ,dei detenuti -attori che ,forse,nel recitare esprimono la loro riabilitazione o il desiderio di essa,la scena finale di Confiteor è un intenso richiamo ad una Pietà,in cui un figlio-cristo,può finalmente riposare dopo aver scacciato i fantasmi con i bianchi lenzuoli ,pronto quasi ad un nuovo battesimo…pieno di fiducia e speranza.
Grazie a Paolo Billi,agli attori e collaboratori,tutti,ai ragazzi dell’università,ai loro docenti,a questi percorsi che fanno onore alla Giustizia…
Essendo totalmente riconoscente ai ragazzi del Pratello che nel 1986 furono pionieri-ispiratori del mio Progetto Psicantropos,voglio ricordare le parole di uno scolaro di quinta elementare,che finiti i 5 anni del percorso del progetto Psicantropos scrisse “vorrei che non ci fosse stato il peccato originale,cosi nessuno sofrirebbe piu’ “
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