IL PLAGIO – Capitolo III
Inserito il 04 novembre 2012 da Silvia CROCI
Capitolo III “DALLA PARTE DEL RICEVENTE”
Paragrafo 1. Il bersaglio
Parte A – Predisposizione (fattori personali e situazionali)
Da più studi emerge con chiarezza come non sia il dato anagrafico in sé a provocare una maggiore o minore flessibilità dei soggetti ma piuttosto le esperienze personali; gli atteggiamenti degli individui sono suscettibili in eguale misura di cambiamento nel corso dell’intero ciclo di vita. Le differenze e le disposizioni individuali sono quei fattori che non dipendono dalla specifica situazione, ma costituiscono caratteristiche relativamente durevoli del bersaglio. Possedere uno schema rispetto ad un determinato argomento, modifica la capacità di resistere all’influenza; le persone tendono a elaborare le informazioni in ingresso in modo da confermare l’appropriatezza dello schema che le guida. Più la vittima è ignorante, più è facile raggirarla perché ha meno capacità di controlli interni di coerenza e plausibilità, meno capacità di smentire e contraddire. Oltre a sentirsi spesso inferiore ed intimidita, dà una indebita autorità \ fiducia all’altro in quanto istruito. Pertanto ne risulta che la soglia di persuadibilità, intesa nel plagio come possibilità di condizionamento, dipende anche dallo stato psicologico ed emotivo del soggetto. A questo proposito si è potuto appurare ad esempio un aumento di questa soglia in presenza di alcuni fattori quali: un timore reverenziale verso l’interlocutore ritenuto molto più acculturato e competente, in presenza di più persone, durante stati di tensione e\o affaticamento psicofisico. In più, esperimenti in psicologia della persuasione si è notato che un autostima sminuita aumenta la persuadibilità quando l’opinione proposta non è minacciosa e la posizione del comunicatore è chiaramente stabilita, viceversa un autostima sminuita diminuisce la persuadibilità, quando l’accettazione dell’opinione proposta, accrescerebbe la minaccia per il soggetto. Ancora un autostima sminuita diminuisce la persuadibilità quando la comunicazione è complessa e comprende frasi svianti. E’ presente una soglia di resistenza individuale che contribuisce ad abbassare il grado di irrazionalità di una relazione prevalentemente fondata sulla persuasione, che è la base del fenomeno di plagio. Per quanto arretrata possa essere questa soglia, sembra difficile che essa possa scomparire del tutto. Molto spesso si può restare facile preda di distorte interpretazioni altrui della realtà, a causa di carenze personali, di altre fonti di valide alimentazioni psicologiche, affettive, relazionali ed interpersonali nel senso più umano della parola. In certe dinamiche di gruppo o in altre situazioni fisiologiche come l’innamoramento, si può osservare una enorme carica di attrazione, alla quale non è immune potenzialmente nessun individuo; si tratta di quel processo di simbiosi, tappa obbligata di ogni processo di sviluppo, che possiede la capacità di tenere all’esterno ogni stimolo doloroso. Questa simbiosi procura un vantaggio ad entrambi e la separazione rappresenta un grave pericolo, in quanto comporta la necessità di riappropriarsi di parti di sé messe nell’altro. Comunque si è potuto appurare che i mezzi di condizionamento sono insufficienti quando non insistano su un terreno di predisposizione. La situazione precedente, secondo molti autori, viene spesso caratterizzata da una famiglia eccessivamente strutturata e nella quale le tensioni si riversano all’interno. Il plagiatore rappresenterebbe una soluzione ai conflitti fra la spinta all’autonomia che la società promuove e le caratteristiche della famiglia di provenienza chiusa, auto – sostenuta, tale insomma da portare al rifiuto delle autonome responsabilità individuali. Dalla lettura del materiale, è emerso che tutti sono vulnerabili. Nessuno può ritenersi immune; anzi, spesso proprio quelli che si ritengono molto forti o troppo intelligenti per cascarci sono tra i primi a cadere in trappola. I periodi della vita in cui si è più vulnerabili sono soprattutto i momenti di transizione, di qualunque tipo. Per esempio, nel primo anno in cui si va a vivere da soli dopo avere lasciato la casa dei genitori, quando si cambia o si perde un lavoro; di fronte ad una improvvisa malattia, propria o dei propri cari; durante l’adolescenza o nei primi anni di invecchiamento; in un periodo di profondo cambiamento di stile di vita, o quando si cambia residenza; nei momenti di solitudine, quando si è lontani da amici e parenti. Le situazioni in cui si possono verificare fenomeni di plagio sono praticamente dovunque. Ma quelle più a rischio sono proprio quelle in cui si cerca di trovare o ritrovare il proprio equilibrio. Per esempio durante corsi di training autogeno, seminari sullo stress o sulle tecniche di autocontrollo, in organizzazioni religiose non tradizionali. E’ molto difficile riconoscere un plagiatore. In genere è una persona che ha capacità di capire ciò che la persona che ha di fronte desidera sentirsi dire, stuzzicando il suo orgoglio e il suo bisogno di affetto. E quando ci si accorge che è solo un trucco, spesso è troppo tardi. E’ necessario quindi porre molta attenzione quando capita di pensare che l’uomo o la donna con cui si sta parlando è “la più amichevole mai incontrato”, “è interessata esattamente a tutto ciò che a voi interessa” o “pensa che siate meravigliosi”. Attenzione anche alle persone che pretendono di avere una risposta a ogni domanda.
Parte B – Ripercussioni
Ci sono situazioni in cui, presupponendo una diminuzione delle difese individuali, si accentua e facilita il processo di acquisizione del messaggio da parte dell’ascoltatore. Esse sono rappresentate dagli stati psicofisici quali paura, ansietà, ira, angoscia protratta, particolari stati di affaticamento, gli stati ipnotico o simili, di malattia, i ritmi ultradiani (caratterizzati da una ciclica, fisiologica maggiore recettività del nostro cervello durante l’arco delle 24 ore), le condizioni di isolamento protratto, sia ambientale che psicologico o morale, nonché gli stati di sovraccarico sensoriale ed informativo. In genere il plagiatore riesce ad attenuare lo stress legato ai tipici avvenimenti della vita perché il soggetto si sente accompagnato nell’affrontare quei momenti. Tuttavia, è anche vero che si hanno degli effetti psicologici e psichiatrici e in particolare il cosiddetto effetto sollievo. Infatti la pressione esercitata sulla personalità della vittima affinché ponga in essere un mutamento personale, promuove un forte senso di ansietà che a sua volta viene usata a fini di condizionamento. Il comportamento della persona plagiata, nella quasi totalità dei casi, si modifica portando a una perdita della volontà individuale, un aumento della dipendenza e ritorno ad un comportamento quasi infantile, una perdita della spontaneità e del senso dell’umorismo, un incapacità di instaurare amicizie al di fuori della situazione di plagio; ne consegue anche un peggioramento delle condizioni fisiche nonché un deterioramento psicologico (tra le altre cose: allucinazioni, ansia, paranoia, disorientamento). E’ nella confusione e nella paura che ha terreno fertile il plagio, soprattutto se esercitato sulle menti più fragili e più esposte, producendo effetti devastanti. I plagiatori hanno tecniche raffinate, sanno come utilizzare i potenziali punti deboli di una persona, problemi con il fidanzato/a, conflitti con i genitori, sul lavoro o a scuola, il lutto di un parente o di un amico, o semplicemente il desiderio di sfuggire alla solitudine. A volte è anche l’ansia di dare un senso di pace alle proprie angosce. Il segnale più evidente del lavoro che viene fatto “goccia a goccia” è il cambiamento radicale della personalità, dallo stile nell’abbigliamento, al modo di parlare, con un comportamento strano, elusivo, distante, dove gli interessi precedenti, gli hobby e gli amici vengono tralasciati, perché non più importanti. Viene a mancare del tutto il senso dell’umorismo e dell’autocritica. Una volta che la persona è dentro questo stile di vita, le sue capacità di difesa diminuiscono progressivamente.
Parte C – Come individuare indizi di menzogna e resistere
Premettendo come più volte già espresso, che è impossibile essere completamente immuni da una situazione di plagio, in quanto le tattiche e le tecniche per influenzare sono sempre più sviluppate e diffuse, è quindi necessario sapersi difendere dalle pressioni provenienti dall’esterno e mantenere una propria autonomia di pensiero e di azione. A tutt’oggi, l’approccio più sistematico al problema della resistenza rimane l’ormai classica teoria dell’inoculazione in cui è proposto che la resistenza all’influenza possa essere ottenuta con un processo analogo all’immunizzazione biologica. E’ possibile rafforzare le resistenze contro gli attacchi di argomentazioni contrarie alle proprie, sia rifornendo le persone di argomenti a sostegno delle loro idee, sia esponendole in precedenza a forme più deboli di messaggi d’attacco (inoculazioni). Tali attacchi moderati incoraggerebbero il bersaglio a sviluppare le proprie difese contro i tentativi di persuasione e a mantenere le proprie idee; pertanto avrebbero un potere immunizzante. Quanto sopra riguarda soprattutto i processi di influenza relativi a informazioni persuasive. Ma sappiamo bene che la persuasione è solo un tipo di influenza, quella in genere più esplicita; ben più difficile è resistere a influenze di cui non siamo consapevoli, quando viene esercitata influenza in modo “subliminale”. La capacità di percepire stimoli di bassa intensità varia da un individuo all’altro e, per una stessa persona da momento a momento. In generale, un bersaglio resiste maggiormente al tentativo di influenza di una fonte del suo stesso sesso che a quello di una fonte dell’altro sesso. Gli uomini comunque tendono a cedere meno. Esistono modi di essere o di sentire, che non sono disposizioni durevoli, e che modificano le reazioni al processo di influenza e di conseguenza anche di plagio. In particolare si hanno maggiori possibilità di influenza inducendo cambiamenti nel mood (stato d’animo) di un soggetto modificando temporaneamente il suo livello di autostima per mezzo di un falso feed – back. E’ altresì emerso da una ricerca effettuata da Petty e Cacioppo nell’anno 1986, che i soggetti, aspettandosi di essere influenzati, si sforzano di proteggere la propria immagine e di mantenere un buon livello di autostima, cercando di non mostrarsi facilmente influenzabili. Sempre dalla medesima ricerca, si è dimostrato che per ottenere una maggiore influenza si altera la modalità di ricezione del soggetto, provocandone la distrazione dal compito principale o dirigendo in modo selettivo l’attenzione. La distrazione crea ostacoli a un’elaborazione obbiettiva del problema, perché interrompe i pensieri. Infine, è possibile un aumento dell’influenza nei soggetti, attraverso modifiche delle condizioni fisiologiche o somatiche: per quanto riguarda gli stati fisiologici, il cambiamento non può essere realmente indotto ma soltanto fatto credere al soggetto; si tratta dell’effetto placebo. Una modificazione reale degli stati fisiologici è invece la deprivazione sensoriale. Esaminando il fenomeno plagio, credo sia interessante sapere, che la resistenza di un soggetto al cambiamento è maggiore, se l’atteggiamento che un soggetto ha prima di essere esposto all’influenza, si è formato sulla base di un esperienza diretta. Quando un individuo ha l’impressione di essere forzato a tenere una determinata posizione, può reagire spostandosi nella direzione opposta a quella della fonte anche se è d’accordo con essa. E’ questo un modo per riaffermare e riacquistare la propria autonomia. Inoltre il bersaglio, se teme che l’eccessiva prossimità della fonte possa creargli problemi di identità o di immagine, tenderà anche in questo caso a prenderne le distanze con le sue risposte. E’ anche stato rilevato che esiste un rapporto curvilineare tra autostima e influenzabilità. Le persone con un alto o con un basso livello di autostima sarebbero complessivamente meno influenzabili di quelle che possiedono un livello medio di autostima; un alta autostima facilita una migliore ricezione del messaggio (e quindi la persuasione) ma frena la conformità, mentre una bassa autostima produce l’effetto opposto. Per quanto riguarda l’intelligenza invece si è potuto constatare che le persone a bassa intelligenza sono mediamente più influenzabili di quelle ad alta intelligenza. Inoltre gli individui con un forte bisogno cognitivo, ossia quelli a cui piace impegnarsi nella riflessione, tendono a elaborare i messaggi a cui sono esposti in modo più sistematico e centrale rispetto a coloro che, avendo un debole bisogno cognitivo non amano particolarmente riflettere. Premesso che quanto fino ad ora illustrato, come situazioni generali di possibile influenza su una persona può essere una base per arrivare fino alla situazione di plagio, vorrei ora passare in rassegna alcuni specifici atteggiamenti del plagiatore che possono aiutare la vittima, se in malizia o esperta, a scoprire tentativi di menzogna, inganno e quant’altro simile. Ad esempio è bene sapere, che la gran parte della gente compie dei lapsus quando parla, ma i più non tendono a percepirli perché non sono dei buoni ascoltatori; così non registriamo tutto ciò che le persone dicono e che non collima con la storia che stanno raccontando o, forse, molto più semplicemente, non vogliamo riconoscere le bugie. Anche le emozioni che non collimano con il contenuto di ciò che si sta dicendo possono tradire colui che parla. Per smascherare una bugia bisogna porre l’attenzione sulle emozioni che non collimano con ciò che l’interlocutore sta dicendo e sulla crisi dei processi cognitivi che tali forti emozioni causano, generando contraddizioni o argomentazioni vaghe. Non esiste alcun segno che di per sé sia rivelatorio di una bugia: nessun gesto, nessuna espressione facciale o contrazione muscolare che, presa a sé, stia ad indicare una persona che mente. Ci sono solo indizi, ai quali peraltro le persone sono poco preparate, insieme ad emozioni che non corrispondono al comportamento abituale del nostro interlocutore. Non è questione da poco smascherare un bugiardo. Un impedimento è certamente rappresentato dalla quantità di informazioni che debbono essere prese in considerazione contemporaneamente. Ci sono infatti molte sorgenti: le parole, le pause, il timbro della voce, le espressioni, i movimenti del capo, i gesti, la postura, la frequenza respiratoria, il rossore o il pallore, la sudorazione e così via. Tutti questi elementi trasmettono informazioni simultaneamente o in maniera sovrapposta, creando una competizione nell’attenzione dell’osservatore. Fortunatamente il cacciatore di bugie non ha bisogno di esaminare con la stessa cura tutto ciò che sente e che vede. Non tutte le fonti di informazione, durante una conversazione, sono affidabili ed alcune parlano più di altre. Tutte le volte che vi è simulazione o menzogna, la microscopica osservazione della Comunicazione Non Verbale, consente all’occhio allenato di giungere ad una smascherante osservazione. La maggiore capacità intuitiva da parte di qualcuno di meglio recepire le reali intenzioni altrui e i relativi sentimenti occultati, non fa capo ad un sesto senso, bensì alla migliore possibilità di mettere a confronto, in frazione di attimo e a livello istintuale, le precedenti passate esperienze di osservazioni interpersonali con quelle in atto al momento. A livello istintuale il nostro emisfero destro, per i non mancini, si presenta in grado di decodificare attraverso la musicalità del parlato (prosodia), nonché attraverso l’analisi (non razionalizzata) dei gesti, dell’espressione facciale e dei contorni melodici ed intonazionali della voce, l’umore e le reali intenzioni altrui. I centri encefalici deputati a tali attività, sembrano essere funzionalmente e particolarmente sviluppati in alcune persone anziché in altre. Tra gli indizi comportamentali della menzogna, vi possiamo trovare: i gesti emblematici (per esempio agitare in frazioni di attimi il pugno in una conversazione apparentemente e\o recitatamene tranquilla), l’ espressione mimica della sorpresa realizzata in maniera del tutto involontaria, il sudare e la frequente deglutizione. Continuando l’excursus tra i più significativi indizi di simulazione e\o di menzogna, troviamo le espressioni di emozioni rivelate dalle microespressioni del volto, le espressioni soffocate, l’aumento dei gesti adattatori, la diminuzione dei gesti illustratori. Tra i tratti verbali, vocali e prosodici della menzogna, quando compare una voce acuta, l’emozione negativa è collegata a sentimenti di collera o di paura, viceversa in caso di voce grave, l’emozione è caratterizzata da sentimenti di tristezza. Se compare la voce più alta e il discorso accelerato possono essere sospettati sentimenti di collera, paura e\o eccitazione, mentre il discorso rallentato e a voce più bassa, potrà orientare verso il sospetto di sentimenti di tristezza e noia. In caso di pause ed errori di linguaggio si tratterà di difesa non preparata, come nel caso di una certa involuzione di linguaggio. Da non sottovalutare assolutamente i lapsus; le tirate oratorie invece denotano delle compensazioni di qualcosa che si desidera celare in quel momento, tentando di depistare l’attenzione dell’interlocutore verso altri argomenti. Stranamente la maggior parte delle persone pone tutta la propria attenzione sulle parole e sull’espressione facciale, e quindi può essere facilmente ingannata. Ci sono indizi di menzogna anche nelle parole e nelle espressioni facciali, ma sono molto sottili, e spesso questi due fattori sono asserviti proprio alla menzogna stessa. I bugiardi non possono monitorare, controllare e manipolare tutti i loro comportamenti e probabilmente non potrebbero anche se volessero. Se non fosse così, essi dovrebbero controllare i propri atteggiamenti dalla punta dei piedi alla cima dei capelli. Invece, nascondono e falsificano proprio quegli aspetti sui quali pensano che il loro interlocutore porrà la maggiore attenzione, cercando di essere il più accurati possibile nella scelta delle parole e in ciò che dicono. Essi mascherano scrupolosamente proprio ciò che potrebbe farli uscire allo scoperto, non solo perchè sanno benissimo che ciascuno concentra la propria attenzione su tali aspetti, ma anche perché sanno di risultare molto più credibili per le parole che dicono, piuttosto che per il timbro della voce, per le espressioni facciali o i movimenti del corpo. Gli indizi vocali più comuni fra quelli che fanno sospettare un inganno sono le pause nel discorso; possono essere troppo lunghe o troppo frequenti. L’esitazione al momento di attaccare a parlare, soprattutto in risposta ad una domanda, può far nascere sospetti. Altrettanto vale per frequenti pause più brevi durante il discorso. Altri indizi possono essere gli errori, come l’intromissione nel discorso di “non parole” (ehm, uhm, ecc.), le ripetizioni (io, io, io veramente) e le parole ripetute a metà (vera-veramente io ..). L’inganno può trapelare anche dal suono della voce; segno vocale di emozione più documentato è l’acutezza in quanto la voce diventa più acuta in situazioni di turbamento, in particolare in situazioni di rabbia o paura. Per non interpretare erroneamente il modo di parlare, bisognerebbe sapere quale è il tono tipico di voce di una persona. Dopo le parole, è il volto a ricevere la gran parte dell’attenzione altrui, essendo il luogo preferenziale in cui si palesano le emozioni. Insieme alla voce, esso può dichiarare a colui che ascolta qual’è lo stato d’animo di chi parla in relazione a quanto va dicendo. La voce non è tanto efficace quanto il volto nel dichiarare i sentimenti. L’espressione si presenta adeguata al reale contenuto ideativo del soggetto se non vi è repressione e dissimulazione delle emozioni: se l’interlocutore prova un senso di vergogna nel manifestare le sue emozioni o ha altri motivi per nasconderle, le sue diminuite reazioni emotive a situazioni di stress o frasi stimolo nel corso del colloquio possono sembrare inadeguate; mascheramento di altre emozioni da parte di un emozione dominante: ogni emozione se intensa e duratura può dominare il quadro espressivo in modo tale da escludere il manifestarsi di altre emozioni in situazioni che solitamente le avrebbero evocate; spostamento delle manifestazioni emotive verso una persona o un oggetto inadeguato: è possibile inibire l’espressione di una emozione intensa verso chi l’ha suscitata e più tardi scaricarla verso qualcun altro che forse suscita la stessa emozione anche se di grado più lieve, dimostrando però tutta la carica di quella emozione accumulata in precedenza; inadeguatezza delle emozioni ai contenuti ideativi: può essere apparente o reale e può derivare da cause diverse, che possono per esempio fare capo ad errori educativi o più semplicemente a causa di fattori imitativi riguardanti un nevrotico rapporto genitori – società, assunto dal figlio stesso come modello interpretativo dell’altro e quindi come modello comportamentale; inconsapevolezza del contenuto ideativo reale; dissociazione ideo – affettiva: l’anomalia principale non attiene ai significati che sono cambiati, ma ai pensieri che non sono più accompagnati dai sentimenti consueti; alterazione neurofisiologica nell’espressione delle emozioni: tipica di certe malattie celebrali. I sentimenti nascosti possono rendersi visibili nelle brevissime microespressioni, tipicamente coperte quasi subito da un sorriso e nei microgesti, ad esempio un frammento di alzata di spalle e non il gesto intero, soltanto una parte. Ci sono altri tre indizi che fanno pensare che un espressione non sia sincera: asimmetria, scelta di tempo e collocazione nel corso della conversazione. L’asimmetria può essere un indizio di menzogna. Le espressioni contorte, in cui l’azione dei muscoli è un po’ più accentuata su una metà del viso, sono in effetti un segno rivelatore della falsità del sentimento manifestato. Le espressioni di lunga durata (di certo dai 10’’ in su, generalmente anche intorno ai 5’’) sono probabilmente false. La maggior parte delle espressioni autentiche non dura così a lungo. Non ci sono invece regole semplici per il tempo di attacco e di stacco, salvo la sorpresa: se la sorpresa è autentica, tutti i tempi (attacco, stacco e durata totale) devono essere brevissimi, inferiori al secondo. Se la mimica dura più a lungo, è una sorpresa finta, un gesto convenzionale per indicare sorpresa, o un vero e proprio falso: la persona cerca di sembrare sorpresa ma non lo è. La sorpresa è sempre un emozione brevissima, che dura solo fino a che non si è capito con che cosa si ha a che fare. La maggior parte delle persone è in grado di fingere la sorpresa, ma pochi sanno farlo in maniera convincente, con quei tempi rapidi di attacco e di stacco che una sorpresa naturale deve avere. Infine, l’esatta collocazione di un espressione rispetto al flusso del discorso, alle alterazioni della voce e al movimento del corpo è la terza fonte di indizi che possono far capire che la mimica non corrisponde ai reali sentimenti. Espressioni del viso che non sono sincronizzate con i movimenti del corpo costituiscono probabili indizi di falso ed in particolare la fronte è la sede principale dei movimenti muscolari difficili da falsificare. Non tutte le bugie finiscono male: alcune sono eseguite alla perfezione. Gli indizi comportamentali, un espressione mantenuta troppo a lungo, un gesto mancante, un inflessione momentanea della voce, possono non presentarsi. Non sempre ci sono segni rivelatori che tradiscono il mentitore. Eppure possono esserci segni che permettono di riconoscere le bugie; il bugiardo più incallito può tradirsi con il suo comportamento. Le espressioni vere, sentite, dell’emozione si presentano perché il movimento dei muscoli facciali può essere involontario, senza che intervengano pensieri o intenzioni. Quelle false compaiono perché c’è un controllo volontario sul proprio viso, che permette di inibire la mimica autentica e assumere un espressione finta. Il buon mentitore mantiene sempre il contatto degli sguardi, perché sa che questo ha una sua importanza. Una trattazione dei segni di menzogna che si possono ricavare dal viso non potrebbe essere completa senza toccare una delle mimiche più frequenti, il sorriso. E’ unica fra tutte le espressioni del viso: basta l’azione di un solo muscolo per provare gioia, mentre la maggior parte delle altre mimiche emotive richiede l’intervento coordinato di tre – cinque muscoli diversi. Il sorriso è anche l’espressione più facile da riconoscere: abbiamo trovato che è visibile a maggior distanza (100 metri) con esposizioni più brevi rispetto alle altre mimiche emotive. E’ difficile non rispondere al sorriso (perfino al sorriso di una fotografia) e alla gente piace guardare visi sorridenti, come sanno bene i pubblicitari. Il sorriso è probabilmente la più sottovalutata delle espressioni del viso, molto più complicata di quanto la gente supponga. Ci sono decine di sorrisi diversi, ognuno con un aspetto ed un messaggio particolare. Ci sono numerose emozioni positive segnalate dal sorriso: gioia, piacere fisico o sensoriale, soddisfazione, divertimento, per nominarne solo qualcuna. Ma si sorride anche quando si è infelici. E poi ci sono i sorrisi falsi usati per convincere il prossimo che si provano sentimenti positivi quando non è vero. Abbiamo accertato che le persone si lasciano ingannare facilmente da questi falsi sorrisi. Il sorriso falso è più asimmetrico del sorriso sentito e non è accompagnato dall’azione dei muscoli intorno agli occhi, cosicché (a meno che il sorriso non sia molto accentuato), non si notano il sollevamento delle guance, le borse sotto agli occhi, le zampe di gallina o il lieve abbassamento delle sopracciglia che compaiono nel sorriso autentico, anche di scarsa o media intensità. Il tempo di stacco del sorriso falso può apparire sensibilmente inappropriato: in altre parole, il sorriso può scomparire bruscamente, oppure a scatti. Si può fingere qualunque emozione per cercar di nasconderne qualunque altra. Il sorriso è la maschera usata più spesso. Quando è usato come una maschera, il sorriso falso copre solo le azioni della parte inferiore del viso e della palpebra inferiore. Esso controbilancia tutta la gamma delle emozioni negative: paura, rabbia, dolore, disgusto, ecc. Spesso la si sceglie perché un’espressione di felicità è il messaggio atto a coprire molti tipi di inganno. A differenza delle espressioni facciali, che sono dal punto di vista evolutivo universali, i gesti e in particolare i gesti illustratori sono socialmente determinati e culturalmente variabili. Se un bugiardo non ha avuto il tempo di preparare la sua “linea narrativa”, sarà molto più cauto ed accorto nel parlare e misurerà ogni singola parola. Un bugiardo che non ha provato la sua parte, che ha poca dimestichezza con ciò che sta dicendo, che fallisce nell’anticipare le domande a lui poste, mostra una diminuzione nell’uso degli illustratori. E persino se ha già pianificato la sua linea, i suoi gesti illustratori saranno condizionati dalle emozioni in gioco. Alcune emozioni, specialmente la paura, possono interferire con ciò che si sta dicendo. La fatica di dovere controllare le emozioni più forti inevitabilmente ci distrae dai processi mentali necessari a costruire il filo logico che tiene insieme le parole. Se le emozioni debbono essere nascoste, oltre che controllate, e se per giunta sono forti, allora è plausibile che anche un bugiardo preparato abbia difficoltà nel parlare e che i suoi illustratori diminuiscano. Quando parliamo di illustratori è importante distinguerli dai gesti emblematici: se una persona sta mentendo è facile che adotti dei gesti emblematici, mentre diminuisce la presenza di quelli illustratori. La differenza cruciale tra i due gesti risiede nella precisione del movimento e del messaggio trasmesso; gli illustratori richiedono una grande varietà di movimenti che risultano piuttosto vaghi. Se osserviamo qualcuno fare uso di illustratori, senza ascoltare le sue parole, è probabile che non capiremmo molto della sua conversazione; ciò non succede se la persona fa uso di gesti emblematici. Un’altra differenza risiede nel fatto che, sebbene entrambi abbiano un valore figurativo, i gesti emblematici possono essere utilizzati al posto delle parole mentre gli illustratori non possono sostituire in alcun modo il discorso. Il cacciatore di bugie deve essere molto cauto nell’interpretare sia gli illustratori sia i gesti emblematici. Se, ad esempio, nota nel suo interlocutore una diminuzione di illustratori, deve analizzarne tutte le possibili ragioni (oltre naturalmente al fatto che stia mentendo), perché ci sono anche persone che abitualmente scelgono con cura ogni singola parola. La gran parte delle persone quando è profondamente coinvolta in ciò che sta dicendo tende ad usare un maggior numero di illustratori; al contrario, ne utilizza di meno se non è particolarmente motivata nel suo discorrere. Sono indizio di menzogna perché la loro diminuzione è assenza di investimento emotivo in quello che si dice: si tende ad accompagnare il discorso con meno gesti quando si è distratti, annoiati, disinteressati o profondamente rattristati. Gli illustratori si riducono anche quando si ha difficoltà a decidere cosa dire esattamente e tendono a scomparire quando ci sono preoccupazione e cautela nel parlare. Una diminuzione degli illustratori, un aumento delle pause, il guardarsi intorno, un appiattimento della voce e dell’intonazione possono essere anche segni del fatto che la persona sta pensando a che cosa dire mentre parla. Ci sono invece minori ambiguità nell’interpretazione dei gesti emblematici, il messaggio trasmesso è di solito sufficientemente chiaro. Il cacciatore di bugie non ha necessità di accostarsi in maniera sospettosa al suo interlocutore per interpretare un emblema. Poiché ogni singola persona differisce enormemente nel suo abituale uso di illustratori, non può essere espresso nessun giudizio su di essi senza che l’osservatore abbia le basi per effettuare una comparazione. Dunque, l’interpretazione degli illustratori richiede, come la gran parte degli altri indizi di menzogna, delle conoscenze pregresse. Individuare un inganno è molto difficile a un primo incontro, e i gesti emblematici offrono una delle rare opportunità per farlo. Nei movimenti del corpo, i segni emblematici (annuire, scuotere la testa, chiamare con la mano, fare ciao, le dita in croce ..) sono quasi sempre eseguiti deliberatamente: chi fa un gesto del genere sa quello che sta facendo, ha deciso di formulare un messaggio. Ma ci sono anche i lapsus gestuali: il soggetto si lascia sfuggire un gesto che tradisce qualcosa che sta cercando di nascondere. E ci sono due modi per capire che un certo gesto è involontario: uno è che viene eseguito solo un frammento del gesto, non l’intera e azione, e l’altro è che l’azione è eseguita fuori dalla normale posizione di presentazione. I lapsus gestuali non capitano sempre ma quando si presentano sono un segno molto attendibile. Un altro tipo di movimento corporeo è rappresentato dalle manipolazioni, che includono tutti quei movimenti in cui una parte del corpo viene strofinata, massaggiata, sfregata, afferrata, pizzicata, picchiettata, grattata o qualsiasi altro tipo di manipolazione. Il tipo di manipolazione varia da persona a persona; alcuni hanno una predilezione per un movimento in particolare. A differenza degli illustratori, la frequenza dei gesti manipolatori cresce quando la persona non è a proprio agio. Aumenta però anche quando la persona è totalmente rilassata e non si preoccupa di ciò che gli altri potrebbero pensare. Per questa ragione i gesti manipolatori non sono dei buoni rivelatori di bugie, perché possono indicare stati d’animo contrapposti, ad esempio, sia rilassatezza sia agitazione. Un altro aspetto del corpo che va esaminato è la postura, anche se sono state trovate solo poche evidenze del fatto che essa possa costituire un indizio di menzogna. Sembra dunque possibile controllare con successo la propria postura, anche quando si sta mentendo. Sembra non ci siano differenze tra la postura di chi mente e di chi sta dicendo la verità, ma un possibile indizio sarebbe la tendenza a protrarsi in avanti quando si è interessati o arrabbiati, e a ritirarsi quando si è impauriti o disgustati. Un bugiardo motivato, comunque, dovrebbe essere in grado di inibire questi sottili segnali emotivi. Il Sistema Nervoso Autonomo , inoltre produce alcuni cambiamenti, rilevabili a livello corporeo, con il crescere dell’emozione: variazione della frequenza respiratoria, cambiamento nella deglutizione, nella sudorazione, nel rossore e nella dilatazione pupillare, e così via. Quando un bugiardo è spaventato, arrabbiato, eccitato, distratto, si sente colpevole o si vergogna, saranno visibili un aumento della frequenza respiratoria, attraverso il sollevarsi della cassa toracica, una deglutizione più rapida e l’odore o il segno della sudorazione. Questi cambiamenti intervengono involontariamente quando c’è un eccitazione emotiva, sono difficilissimi da inibire e per questo possono rappresentare indizi molto attendibili per scoprire eventuali menzogne. Esistono due tipi di indizi di menzogna: indizi rivelatori che mettono inavvertitamente a nudo la verità e semplici indizi di falso, dove il comportamento del bugiardo fa sospettare soltanto che quello che dice non è vero. Gli errori che il bugiardo compie, suo malgrado, quando mente, come gli indizi di falso o segni rivelatori ancora più eloquenti possono comparire in un cambiamento di espressione del volto, un movimento del corpo, un inflessione di voce, l’atto di deglutire saliva, una respirazione troppo profonda o affannosa, lunghe pause fra una parola e l’altra, un lapsus, una microespressione del viso, un gesto involontario. Anche quando c’è un ampio preavviso e si è potuta inventare con cura una falsa storia, non è facile prevedere tutte le domande e soppesare fino in fondo le risposte. E nemmeno l’astuzia basta quando cambiamenti imprevisti delle circostanze possono mettere in crisi una linea che peraltro sarebbe stata efficace. Anche quando le circostanze non lo costringono a cambiare strategia, chi mente può avere difficoltà a ricordare quella che aveva adottato in precedenza, cosicché rischia di cadere in contraddizione di fronte a nuove domande. La mancanza di un piano strategico o di una adeguata spiegazione è solo una delle ragioni per cui al momento di mentire si commettono degli errori che fanno subodorare l’inganno. Ma errori si fanno anche per la difficoltà di nascondere o mascherare le emozioni. Non solo c’è poca scelta quanto al momento in cui provare un emozione, ma spesso non possiamo nemmeno impedire che i segni espressivi dell’emozione siano manifesti a chi ci sta di fronte. La “macchina della verità” non individua le menzogne, ma soltanto segni di emozione. Chi mente può provare eccitazione sia prima che durante l’azione, quando ancora il successo è incerto, e, dopo, il piacere del sollievo, l’orgoglio di avercela fatta, il senso di superiorità verso la vittima. Il piacere della beffa riguarda tutte e tre queste emozioni che possono, se non vengono dissimulate, tradire l’inganno. Senso di colpa, paura e piacere possono manifestarsi tutti nell’espressione del viso, nella voce, nei movimenti del corpo, anche quando si cerca di nasconderli. Pur riuscendo a non far trasparire queste emozioni, lo sforzo per impedirlo può dar luogo ad indizi che fanno sospettare un inganno. Chi sospetta un inganno dovrebbe fare più attenzione alla voce ed al corpo. Anche la voce, come il viso, è collegata a zone del cervello coinvolte nelle emozioni ed è difficilissimo nascondere alcuni cambiamenti che intervengono nella voce quando si è emozionati. Spesso è proprio la discrepanza fra le parole e ciò che rivelano, la voce, i gesti, l’espressione facciale, a tradire una menzogna. L’interpretazione di quattro tipi di segni che lasciano trasparire ciò che viene dissimulato (lapsus, tirate oratorie incontrollate, gesti emblematici involontari, microespressioni) hanno un significato in sé per sé in termini assoluti. Purtroppo esistono pochi individui eccezionali capaci di individuare con molta esattezza la menzogna e sembra che questa competenza non derivi dalla normale formazione professionale degli operatori della salute mentale. Infatti il professionista della menzogna, altamente specializzato in inganni, ma non privo di coscienza, potrebbe benissimo investire sul suo talento dedicandosi ad alcune professioni come quella dell’attore, del rappresentante, dell’avvocato, del negoziatore, della spia o del diplomatico. Queste persone tendono ad essere carismatiche, attraenti, dotate di un certo fascino. Ciò, ovviamente, non significa che mentono meglio degli altri, ma semplicemente che, mentre lo fanno, si lasciano trasportare.
Paragrafo 2. Percezione e interpretazione
C’è una soglia di resistenza individuale che contribuisce ad abbassare il grado di irrazionalità di una relazione prevalentemente fondata sulla persuasione, sulla suggestione e soggezione in ultimo come quella di plagio. Per quanto arretrata posa essere questa soglia, sembra difficile che essa possa scomparire del tutto. La soglia di persuadibilità dipende fortemente dallo stato psicologico generale ed emotivo in particolare del soggetto, ma è anche una variabile dipendente dalla descrittività o emotività dei contenuti trasmessi e dalla credibilità di colui che li trasmette. Come mostrano alcuni esperimenti di psicologia della persuasione, un soggetto la cui autoconsiderazione sia stata in precedenza appositamente sminuita per gli scopi sperimentali, abbassa la propria persuadibilità di fronte a opinioni che egli percepisce come minacciose per sé. Il che significa che in condizioni di sminuita stima di sé, la soglia di resistenza cresce, quasi a compensazione e a difesa della propria posizione di fronte all’altro. Contrariamente a quanto potrebbe sembrare, dunque, i soggetti con una minore stima di sé non dovrebbero, solo per questo essere più facilmente manipolabili per fini di persuasione indiscriminata e di soggezione. Per quanto riguarda la variazione del grado di persuasione in rapporto alla descrittività o meno dei contenuti trasmessi e alla credibilità del comunicatore, si è appurato che le informazioni fattuali vengono apprese egualmente se provengono da fonte poco credibile come da fonte molto credibile, mentre le opinioni mutano nella direzione indicata dal comunicatore in grado maggiore quando la fonte è credibile. Ora poiché i contenuti trasmessi con metodo persuasivo non sono in genere informazioni sui fatti, ma opinioni, valori, credenze, ecc .., si comprende l’importanza del livello di credibilità di cui il persuasore dispone presso l’ascoltatore. Chi e che cosa determina la credibilità e, in particolare, la credibilità di chi detiene un potere su di un altro ? La credibilità di cui ciascuno gode risiede sempre in qualche misura in coloro che gliela accordano. Anche in una relazione di potere asimmetrica e squilibrata a favore di uno, è possibile, ritrovare la volontà ed il giudizio dell’altro almeno nel credito accordato al più forte. Per quanto pressante e coattiva sia l‘azione persuasiva, resta sempre a colui che ne è soggetto, un margine di razionalità entro il quale spendere le proprie ragioni, oppure ad altro livello, una carica emotiva con la quale organizzare la propria resistenza. Nell’essere costretto ad essere diversamente (anche in forme che trascendono l’alienazione attraverso altri), il soggetto fa corrispondere al nuovo modo d’essere uno stile non proprio, imposto o mutuato dalla parte attiva della soggezione. Egli interpreta un ruolo falso, nel quale interferiscono dinamiche psichiche, mimetiche, suggestive, difensive, compensatorie, ecc .. Le conseguenze della costrizione ad essere altro, dell’assunzione di un ruolo falso sono illustrate anche sul piano psicologico, in situazioni sperimentali. Se un soggetto è indotto a fare o a dire qualcosa contraria alla sua propria opinione e a porla in corrispondenza con ciò che ha fatto o detto; l’interpretazione di un ruolo in cui si esprimono idee differenti dalle private convinzioni, facilita il cambiamento di quest’ultime. E’ anche possibile che l’autopersuasione intervenga a rafforzare la persuasione esterna, inducendo al cedimento definitivo invece che alla resistenza. In questo caso il soggetto finisce col giustificare il potere dell’altro, col darsene delle ragioni, per evitare a se stesso il trauma della resistenza o l’umiliazione di considerarsi “ingiustamente” ridotto in soggezione e quindi plagiato. Lo stato di soggezione, prima che una sottomissione al potere altrui è una perdita del potere su sé stessi, se per potere si intendono le possibilità di autoprogettazione al di fuori del ruoli obbligati. La strumentalizzazione dei ruoli altrui fonda necessariamente non un conflitto, né una comunità ma una subordinazione. Qui i progetti non sono in conflitto ma in dipendenza gli uni dagli altri. Nella soggezione il conflitto è già risolto, il progetto altrui ha incorporato il mio, lo ha reso un proprio momento interno. E’ necessario anche puntualizzare che noi, inteso come esseri umani, collaboriamo attivamente nel lasciarci ingannare, dando vita al fenomeno della collusione. Come già detto, molti bugiardi compiono degli errori che potrebbero essere notati, ma che abitualmente sfuggono: sia il dire una bugia sia l’identificarla sono qualità che, in molte persone sembrano essere poco sviluppate. Sono scarse le capacità di molti di noi nel rilevare una menzogna. La fiducia rende le persone vulnerabili all’inganno: il livello di vigilanza si abbassa e il beneficio del dubbio viene dato per scontato. Generalmente preferiamo non dovere scoprire una menzogna, perché un atteggiamento fiducioso è preferibile al sospetto, anche a dispetto dei possibili costi. L’essere sempre dubbiosi o il fare accuse infondate non solo non è piacevole per il sospettoso, ma significa anche limitare di molto le possibilità d’instaurare un certo rapporto d’amicizia e di fiducia con i propri amici o colleghi. Non possiamo permetterci di non credere ad un amico, a un figlio o al proprio coniuge, quando ci stanno dicendo il vero, e così finiamo per essere troppo creduloni anche quando veniamo ingannati. Aver fiducia negli altri non solo è necessario, ma rende la vita molto più semplice. Che cosa c’è di meglio per una persona che è stata tradita nella sua fiducia, che non saperlo mai ? Solo un paranoico rinuncerebbe a questo stato di pace della mente, per vivere in un continuo stato di allerta in vista di un eventuale tradimento. Un’ ulteriore spiegazione è che spesso vogliamo essere ingannati: colludiamo involontariamente nella bugia perché abbiamo delle buone ragioni per non volere sapere la verità. La gran parte degli ingannati, spesso involontariamente ma comunque in modo collusivo, vuole credere a coloro che li imbrogliano. Razionalmente parlando, essi sono consapevoli di cosa sta accadendo, ma psicologicamente ciò significa confrontarsi con l’evidenza di avere compiuto uno sbaglio nell’assumerlo. Questa maggiore severità di valutazione delle conoscenze sgradite è la base e l’essenza dei meccanismi di difesa. Quando la conoscenza è altamente sgradita, il sistema alza la soglia di certezza richiesta per accettarla, cioè fa di tutto per difendersi da tale conoscenza. Un meccanismo di difesa è appunto un meccanismo volto ad evitare la sofferenza ingenerata da una conoscenza, e fa questo o mantenendola o rendendola innocua (ad esempio rinunciando allo scopo, o “scotomizzandola”, vale a dire spostandola di contesto), oppure eliminandola. L’opposto accade, prevedibilmente, per le conoscenze altamente gradite; qui i controlli si abbassano, mi basta poco per convincermi: credo perché voglio credere. Il truffatore ed il truffato hanno un comune interesse a permettere la persistenza dell’errore. In molti casi la vittima sorvola sugli errori del mentitore, leggendo nel modo più ottimistico i suoi comportamenti ambigui, facendosi suo complice per evitare le terribili conseguenze della scoperta. Chiudendo gli occhi davanti ai segni dell’infedeltà della moglie, il marito può se non altro rimandare l’umiliazione di scoprirsi tradito e l’eventualità del divorzio. Anche se dentro di sé sa benissimo che lo tradisce, può collaborare a non smascherare le sue bugie, per non doverlo riconoscere anche davanti a lei o per evitare una resa dei conti. Finché non dice nulla può ancora sperare di averla mal giudicata, può ancora illudersi che non abbia un amante. Non tutte le vittime sono così volenterose; a volte non c’è nulla da guadagnare ad ignorare una bugia o collaborare a tenerla in piedi. Nella maggior parte dei casi le bugie fanno fiasco perché trapela qualche segno di un’ emozione nascosta: quanto più intense e varie sono le emozioni che entrano in gioco, tanto più è probabile che la menzogna si tradisca involontariamente. Ma soprattutto nelle situazioni di plagio, l’inganno avviene a livello di percezione subliminale, cioè al di sotto delle percezioni coscienti. La memoria dell’inconscio sarebbe pressoché istantanea mentre quella cosciente sarebbe un attività periferica alla precedente che si svolge in tempi molto lunghi e con altre modalità. Sembra ormai che si possano inviare al cervello impulsi in una forma tale che il loro effetto si produca solo nell’ambito dell’inconscio, senza che l’individuo ne abbia coscienza, eludendo la sfera razionale. Tra le varie forme ad esempio: i suoni di intensità e frequenza al di sotto del limite cosciente, i ritmi musicali della frequenza di 72 suoni al minuto, le immagini nascoste nell’ambito di un quadro; essi rievocano nell’inconscio, archetipi e la loro relativa componente affettiva. In seno al nostro emisfero celebrale destro (sede dei processi emozionali), sono presenti delle intere gestalt auditive, deputate anche alla ricezione della prosodia, ovvero sia delle tonalità e della musicalità del parlato e quindi delle stesse inflessioni tonali, incluse le pause. I due livelli di percezione (conscio e inconscio) sembra possano agire in maniera completamente indipendente tra loro ed a volte anche in opposizione. La maggior parte degli autori afferma che l’inconscio ha sede nella parte più antica del cervello, che svolge la sua attività in continuità anche durante il sonno o il coma, ed inoltre che il cosciente, abitualmente condiziona il comportamento del soggetto, comunque adattandosi al programma di fondo dell’inconscio.
Paragrafo 3. Contesto
Il plagio non doveva essere una attività così frequente tra i nostri antenati e la mancanza di vita privata lo rendeva facilmente individuabile. Le nostre esperienze ancestrali non ci hanno quindi preparato ad essere astuti cacciatori di bugie. Nelle moderne società industrializzate la situazione risulta approssimativamente all’inverso: le opportunità di plagiare sono tantissime e l’intimità è una facile conquista, perché ci sono molte porte chiuse. Quando un inganno viene rivelato, le conseguenze non sono poi così disastrose, visto che è sempre possibile cambiare lavoro, moglie o città; è facile che la reputazione danneggiata non emerga. Nel caso del plagio non si è neppure perseguibili dalla legge. Per queste ragioni, viviamo in un contesto che incoraggia la menzogna, dove è possibile nascondere l’evidenza e dove la necessità di sapersi difendere dagli inganni è molto alta. Tuttavia non siamo stati preparati dalla nostra storia evolutiva a essere sensibili agli indizi comportamentali che potrebbero rivelare una situazione di plagio. Il soggetto plagiato si muove in un ambito di esperienza mediata dal plagiatore, come se lo spazio in cui si svolge l’esperienza personale fosse invaso dall’altro, che impone i suoi moduli d’interpretazione della realtà, così che fra soggetto passivo e realtà si interpone il diaframma della soggezione. Tutte le situazioni che creano tensione, producono una sollecitazione emozionale determinando una disorganizzazione dei parametri neurofisiologici standard del soggetto, che condiziona quindi la conseguente necessità di ripristinare la precedente omeostasi. Quest’ultima viene a concretizzarsi, allorquando il soggetto realizza quanto viene chiesto dall’interlocutore, accettando così le prescrizioni dello stesso, le eventuali sue interpretazioni, e finanche la prima idea che gli passa per la mente, e che in quel momento gli sembra l’unica in grado di fugare il suo stesso stato emozionale. Le tecniche comunicazionali di tipo tensiogeno, non possono prescindere dal determinare una diminuzione delle capacità di difesa del soggetto, in relazione alla succitata esperienza: sonno, stanchezza, irritazione. Il plagiatore in qualche modo deve preoccuparsi di porre sé stesso in posizione up e la vittima in posizione down. Deve preoccuparsi di incentivare la sua motivazione (es. la lunga attesa) e accrescere la distonia tra il desiderato e il posseduto con tecniche verbali o strategiche.
Paragrafo 4. Uscire dal plagio
Di solito si esce da una situazione di plagio per propria volontà, a causa di un intervento esterno operato dai familiari o dal terapeuta, oppure perché abbandonati dal plagiatore in quanto ormai ha raggiunto i propri scopi. Negli ultimi due casi in genere la vittima, ha più bisogno di aiuto per capire il proprio processo di riabilitazione. Chi è stato abbandonato è poi particolarmente vulnerabile in quanto spesso si sente inadeguato e colpevole. Anche chi ne esce per propria volontà risente di questi problemi; si può anche riuscire a superare l’accaduto a livello razionale, ma si ha difficoltà a gestirlo psicologicamente. Il modo migliore per favorire il processo di riabilitazione è quello di imparare che tipo di controllo mentale utilizzava il plagiatore e come lo usava. Capire che ci sono sempre degli effetti residui del controllo della mente, ma che sono solo transitori, aiuta a combattere il diffuso senso d’ansia che attanaglia la vittima. Essa si sente rinascere quando capisce che, data la situazione, l’esperienza che sta vivendo è normale e gli effetti non dureranno in eterno. Inoltre capire e spiegare come funzionavano le tecniche di plagio fa comprendere al paziente in che modo e quanto il plagiatore era riuscito a cambiare il suo comportamento e la sua personalità. E’ importante anche la collaborazione e l’aiuto da parte della famiglia del plagiato, sia durante la fase di plagio che successivamente. In particolare sarebbe opportuno che venisse registrato il nome, il numero di telefono e l’indirizzo della persona/e di cui si sa il proprio caro vittima di manipolazione. E’ utile anche mantenere una cronologia di tutti i fatti che riguardano l’attività del proprio familiare o amico. Risulta poi fondamentale rispondere a tutte le comunicazioni del proprio parente con amore, sincerità e senza eccedere nelle critiche dirette ed aggressive. Successivamente si potrebbe procedere nel raccogliere tutte le possibili informazioni sul plagiatore ed infine chiedere aiuto a professionisti o associazioni competenti. Ci sono indicazioni anche sul comportamento da evitare da parte dei familiari, e più specificatamente si dovrebbe evitare di dare soldi al proprio parente, non dimenticare mai che la personalità del proprio caro non è scomparsa, ma è solo stata momentaneamente sopraffatta. Alcuni autori a questo proposito hanno affermato che spesso i genitori desiderano tanto credere nel plagio, perché altrimenti dovrebbero ammettere le loro responsabilità verso il figlio al quale hanno dedicato tantissimi anni di educazione. D’altra parte il modello del plagio deresponsabilizza anche la vittima. In ultimo è importante che le famiglie non si sentano sole; il fenomeno del plagio è un problema comune a migliaia di persone in tutto il mondo, in tutti gli ambienti culturali, religiosi ed economici. Durante i primi mesi dall’uscita dal contesto del plagio o in fase di psicoterapia successiva, si osservano reazioni traumatiche d’ansia e fenomeni tipicamente borderline. Ricorrono infatti i fenomeni di “slippage” e di “floating”; per “slippage” si intende un deficit cognitivo temporaneo con incapacità di trattenere un pensiero, di rispondere a domande e con perdita della distinzione tra il concreto e la metafora. Il “floating” è invece un disturbo delle funzioni egoiche del senso di realtà con esperienza soggettiva di depersonalizzazione. Dalla lettura dei testi emerge che la tecnica principale per uscire dal plagio è quella della deprogrammazione. Per deprogrammazione si intende una serie di tecniche attraverso le quali il deprogrammatore allontana di forza la persona, ammesso che sia maggiorenne, dalla situazione di plagio. Le tecniche utilizzate sono varie e possono giungere ad incontri molto prolungati (maratona), in cui il soggetto viene sottoposto a sovraccarico sensoriale di vario tipo ed in particolare martellanti dichiarazioni negative riguardo al plagiatore. Si svolge una puntuale rivisitazione critica dell’esperienza. Il risultato finale sul piano terapeutico sarebbe una sorta di “abreazione” in grado di riportare il soggetto alla normalità, con la capacità di pensare autonomamente e di esercitare la propria libera volontà. Si ipotizza sia necessario un tempo di deprogrammazione uguale a quello subito nella programmazione. Alcuni autori sono concordi nel ritenere che per effettuare una deprogrammazione è fondamentale togliere la vittima dall’ isolamento del precedente ambito dal quale riceveva il passaggio di informazioni monopolizzate. Generalmente riguardo a chi ci ha ingannato (in certi casi anche una sola volta) si innesca un meccanismo di revisione dell’affidabilità. Questo fenomeno, a maggior ragione si prova anche per il plagiatore, anche se richiede tempi molto più lunghi. Il constatare che una conoscenza fornita da un altro (comunicata) è fallace (per errore o per inganno), porta ad un feed – back sull’affidabilità della fonte in primo luogo, e comunque in generale l’esperienza di plagio, condizionerà tutti i futuri rapporti interpersonali a livello di fiducia. E’ molto raro che una persona plagiata, una volta uscita dalla condizione di soggezione, a seguito di una deprogrammazione e di una terapia successiva, torni ad essere vulnerabile. Se è stato effettuato un buon lavoro, il soggetto riesce a riconoscere in modo molto tempestivo, dai primi segnali, ciò che ha subito.
FB Comments
Tags | Carisma, Dipendenza, Manipolazione, Persuasione, Prigionia, Rapporti interpersonali, Sette, Soggezione psichica, Suggestione
Ho subito plagio non riesco a rimettermi in sesto vorrei sporgere denuncia contro questa persona, ma non so a chi rivolgermi
Le consiglio di rivolgersi ai Carabinieri o alla Polizia per sporgere denuncia. E anche di contattare il Telefono Antiplagio che potrà essere un valido aiuto e sostegno, ai seguenti numeri:
333-3665000
06-55271046